Piede torto congenito cause
Il piede torto congenito è fondamentalmente causata da una displasia congenita di tutti i tessuti muscoloscheletrici (muscoli tendinei e legamentosi osteoarticolari e strutture neuro vascolari) distali rispetto al ginocchio.
La ripresentazione e la persistenza della deformità è piuttosto comune.
Eziologia del piede torto congenito
Il piede torto è stato per lungo tempo associato a sindromi e patologie neuromuscolari per cui una causa neuromuscolare è sempre stata ricercata anche per tutte quelle forme idiopatiche.
D’altra parte il piede torto congenito idiopatico comunemente si presenta come una singola deformità muscoloscheletrica in un piede altrimenti normali.
Dal momento in cui il risultato finale di questa situazione è spesso una diminuita funzionalità, la conclusione che il piede torto congenito idiopatico rappresenti una primaria mal locale displasia di tutti i tessuti dell’estremità affetta dal ginocchio al piede è supportata da impossibilità storica del trattamento di trattare completamente questa displasia congenita e produrre un piede normale. Numerose teorie sull’eziologia del piede torto congenito sono state proposte tra cui un arresto dello sviluppo embrionale.
La teoria di Bohm
Nel normale sviluppo fetale dell’arto inferiore, alla 6/8 settimana, il piede ha le stesse caratteristiche del piede torto congenito, compreso l’equino, la supinazione e l’adduzione dell’avampiede e la deviazione mediale del collo dell’astragalo.
Bohm ha proposto che un arresto dello sviluppo fetale a questo stadio sia responsabile delle deformità cliniche viste alla nascita.
Normalmente la supinazione e l’adduzione visti all’8^ settimana di gestazione sono gradualmente corrette con la prosecuzione dello sviluppo e il piede diventa normale intorno alla 12^14^ settimana di gestazione.
Qualora questa teoria venisse accettata, la condizione nota come piede torto congenito sarebbe presente da circa 7 mesi al momento della nascita.
La teoria di Zimney
D’altro canto, le caratteristiche dismorfiche della testa dell’astragalo e la dislocazione mediale dello scafoide non sono mai state osservate in nessuno stadio del normale sviluppo fetale.
Per cui un arresto di un normale sviluppo fetale non è in grado di spiegare completamente questa displasia primaria.
L’innata rigidità di questo tipo di piede è chiarificata da Zimney, che ha dimostrato la presenza di tessuto retrattile miofibroblastico nei legamenti mediali.
Questo reperto ha permesso di confermare studi precedenti condotti dai poli di Ponseti che hanno identificato un aumento delle fibre di collagene e di cellule fibroblastiche nei legamenti e nei tendini del piede torto neonato.
Così una seconda ipotesi circa l’eziologia, propone una risposta fibrotica retrattile, non dissimile dalla contratture di Dupuytren, come fattore primario.
Questa ipotesi è supportata da studi dimostranti limitazione normale legamentosa e fasciale nei tessuti molli del piede.
Questi reperti istopatologici permettono di spiegare il mantenimento della deformità e la resistenza alla correzione.
In conclusione è corretto affermare che l’eziologia del piede torto idiopatico è multifattoriale ed è regolata significativamente da aberrazione nello sviluppo precoce degli abbozzi dell’arto inferiore.
Il piede torto in anatomia
Le descrizioni dell’anatomia patologica nel piede torto possono essere trovati in alcuni dei più precoci testi di ortopedia e continuano a essere essenzialmente corrette anche al giorno d’oggi nonostante la presenza di metodi di imaging molto più sofisticati.
Scarpa ha riportato lo spostamento mediale plantare dello scafoide del cuboide e del calcagno attorno all’astragalo.
Lo spostamento dello scafoide e del calcagno producono varismo del retropiede e l’intero complesso resta in equino.
La contrattura dei tessuti molli (legamenti capsule articolari e tendini) mantengono questo mal allineamento patologico delle articolazioni, descritto come equino varo.
Numerosi autori hanno descritto le deformità presenti in questa condizione patologica, che possono essere distinte in deformità intraossee e interossee.
Ponseti nel definire il piede torto, ha posto attenzione sulla componente del cavismo, soprattutto in relazione alla correzione di tipo conservativo.
Le deformità nell’astragalo in sé includono deviazione mediale plantare dell’estremità anteriore con la presenza di un collo accorciato che si proietta medialmente a partire da un corpo piccolo e dismorfico mal allineato all’interno della caviglia.
L’angolo tra corpo e collo dell’astragalo è invariabilmente diminuito, con il collo passano approssimativamente 90° rispetto all’asse del corpo in alcuni campioni confrontati con il normale il cui angolo varia tra 150 e 160°.
A livello della faccia inferiore dell’astragalo, le porzioni mediali anteriori dell’articolazione sottoastragalica non sono presenti, sono fuse, o significativamente malformate.
Le deformità intraossee del calcagno del scafoide e del cuboide sebbene simile la displasia dell’astragalo, sono generalmente meno severe.
E’ presente una controversia riguarda la presenza e l’assenza di un’eccessiva intratorsione della tibia.
Sono state riportate prove sia a favore che contro questa teoria ed è possibile concludere se una intratorsione della tibia può esistere in presenza di piede torto ma è generalmente inusuale.
Nel piano coronale della caviglia, le deformità dell’astragalo intorno al proprio asse longitudinale sono state trovate e sono rappresentate da deformità in pronazione, reminescenza della deformità vista nel periodo embrionale.
Il calcagno è spesso descritto come invertito supinato nelle osservazioni chirurgiche, e a sua volta pronato specialmente nel suo segmento posteriore sebbene non dello stesso grado della pronazione dell’astragalo.
Sebbene possa essere difficile vedere nella deformità in pronazione responsabilità di quello che si vede anatomicamente come varismo del tallone, la presenza di questa deformità probabilmente esacerbata dalla posizione in equino del retropiede, non può essere negata ed è osservata sia artrograficamente che visivamente al momento dell’intervento chirurgico.
Lo scafoide è notevolmente stoppato medialmente e plantarmente rispetto all’astragalo e forma una falsa articolazione con il malleolo mediale.
La cartilagine articolare della testa dell’astragalo può essere scoperta lateralmente come risultato dello spostamento mediale dello scafoide.
Il release del legamento tibionavicolare è sempre necessario per correggere questa deformità interossea.
Solitamente il tendine del tibiale posteriore deve essere allungato per permettere la riduzione dello scafoide a una posizione normale sulla testa dell’astragalo.
Il cuboide è similarmente spostato medialmente rispetto alla faccia anteriore del calcagno.
Siccome il calcagno è anche ruotato medialmente rispetto al mortaio della caviglia sul piano trasverso, questo contribuisce significativamente al varismo o all’adduzione del medio piede. Questa articolazione del medio piede deve essere di solito rilasciata, insieme al complesso tibio talonavicolare, per poter ripristinare l’allineamento anatomico dell’articolazione del medio piede.
Infine anche le contratture dei tessuti molli periarticolari devono essere eliminati, per permettere il ripristino dell’anatomia del piede.
Ispessimento e contratture delle guaine tendinee dei legamenti (come nei tessuti muscolari non elastici) sono riportate da diversi autori e sono reperti operatori frequenti.
Unità muscolotendinee accorciate sono reperti costanti a qualsiasi stadio del trattamento della patologia sono ostacoli ben conosciuti alla correzione delle deformità ossee descritte precedentemente.
Allo stesso modo sono riportate anche fibrosi dei tessuti come la fascia plantare il legamento calcaneonavicolare e il legamento tibionavicolare.
Caratteristiche diagnostiche e diagnosi differenziale
E’ veramente difficile identificare un vero piede torto in un neonato.
L’aspetto classico del tallone in marcato equino con il piede invertito rispetto all’estremità distale della tibia con il piede che si presenta absitedown risulta difficile da mal interpretare.
La mancanza di correggibilità distingue il vero piede torto dai casi più lievi di piede torto posturale. I casi più semplici rappresentano una deformità posturale intrauterina identificata dal fatto che è completamente (o quasi completamente) correggibile passivamente e dalla cospicua assenza di pliche cutanee profonde che invece sono presenti nei veri piedi torti.
Le deformità posturali possono frequentemente essere eliminate già alla prima presentazione da diversi minuti di allungamento passivo.
In aggiunta alla distinzione tra questi due tipi di deformità, è inoltre essenziale cercare anomalie associate e condizioni neuromuscolari che possono definire una deformità non idiopatica.
La prognosi di un piede torto non idiopatico sindromico è generalmente peggiore rispetto alla prognosi di un piede torto idiopatico sebbene ci siano certe eccezioni come ad esempio la sindrome di Down e la sindrome di Larsen .
In queste sindromi a causa della significativa lassità legamentosa che definisce la sindrome stessa, il release del piede torto deve essere eseguito con giudizio piuttosto che aggressivamente o completamente, perché il piede avrà una propensione all’ipercorrezione e l’ipercorrezione risulterà in una deformità altrettanto severa e probabilmente altrettanto incorreggibile in calcagno valgo, se la lassità della sindrome sottostante non è presa in considerazione.
D’altra parte i Pazienti con artrogriposi, displasia distrofica, spina bifida, disrafismo spinale e sindrome alcolica fetale presentano piedi torti che sono noti per essere soggetti a severe ricorrenze. In questi casi tecniche chirurgiche come resezioni ossee primarie (accorciamento della colonna laterale, talectomia) e divisione completa dei tendini piuttosto che allungamento sono spesso utilizzate nella gestione di queste tipologiche sindromiche di piede torto.
Il piede torto presenta diverse varianti.